Sillogi
Musicheverbali 2001-2011
il cortile dei ciliegi
Nella casa disabitata il ragno
intesse la sua tela, dal muro
sgorgano raggi di sole smussati
d'argento brunito;
cadono giù sulle retrovie del cuore.
Le bombe lacrimogene esplodono
sugli occhi di prati fradici di guazza,
le bombe lacrimogene esplodono nel
gerbido del fumo passivo delle tue
intermittenze: nella notte di San Giovanni
i falò svegliano la terra.
Il tuo occhio vorace-rapace
rivela vaste zone d'ombra —
uno stupore inerte e presago,
strofina la polvere -BOH?-
nel sordo rimbombo delle salve
d'artiglieria, il candore della
prima neve, salsedine di replezione.
700 giorni
Dopo 700 giorni di acqua
di rubinetto ti lascio
un foglio bianco per scortecciare
il coraggio delle onde del mare
aperto, per slegare le funi strette
impanate-stamburate.
Dopo 700 giorni di acqua
stonata pupillare un postale
di valigie cardiache ti verrà
a trovare col pensiero serale-portuale.
Dopo 700 giorni di acqua
rada futile ti lascio scritti
a piè di pagina verbi soffiati —
inalati — alitanti sul tuo orecchio
dove collima la perfezione di
una foglia da rigagnolo con
le zolle calcinate di una vigna
dopo un'estate inciprignita.
Maggese
Poetare è una miccia bagnata.
l'atto dello scrivere è accreditare,
rivendicare.
Esplicita il lavorio paziente
del mattone dopo mattone
della pietra su pietra.
Poetare è uno sciame sismico
bacterio indeiscente.
L'atto della scrittura
è il sale greco della
pietanza del commensale insaziabile —
polvere di manganese
sulla lingua di certe
donne con lo sguardo lungo.
Nella glossa dei precordi 1988-2008
Images
Una cicatrice sul cedro
e la rosa del tuo corpo ti chiede di ricordare
un lenzuolo saturo di chiarori di madreperla.
Una mosca prigioniera d'un bicchiere capovolto
ti chiede di visitare il relitto di un naufragio,
la rovente arsura dei tasti di un pianoforte-iceberg.
Le stanze d'albergo sono deprimenti
se addenti l'osso sino al midollo.
Le stanze d'albergo raggelano le sabbie del deserto americano,
chiodo infisso nelle pareti di vento.
Concordanze
Il nudo corpo riverso di una donna
è pari al primo istante di vita dell'universo —
ricettario imperfetto di umani piaceri.
Il nudo corpo riverso di una donna
mi ricorda una dimora estiva
inondata della luce abbagliante
d'un imminente crepuscolo estinguibile.
Il nudo corpo riverso di una donna
è simile alle scosse regionali di un sisma,
addizione e sottrazione,
sfrigolio d'olio bollente.
Diastola sistola.
In extremis
Credo che meriti di più
delle piramidi di miraggi delle mie braccia attorno a te.
Credo che meriti di più
di un mazzo di violette sul tavolo,
di un mucchietto d'ossa intiepidite dal sole di febbraio.
Credo che meriti di più
dell'umile allegria di un'osteria fuoriporta,
di un contadino che ti mostrerà i luoghi dove è nato e
cresciuto.
Credo che meriti di più
di una pagina scritta a matita
di due gocce di sangue rancido
di quattro nuvole occidentali-accidentali.
Incido nella tua segreteria telefonica
ondesolchicoccidibottigliestraccibagnati;
ma lo scrivano del cielo non ha trascritto una parola.
La genesi del mare non si recinge nel calice d'oricalco.
Passeggio infelice nella notte
aspetto un saluto una cartolina.
Samizdat di settembre 1989-2005
Breve partitura per teoremi e conflitti
Passeggio in spiagge di lavatrici
volo a luci spente sopra campi minati
nel lampo del buio di miniera.
Capogiro inquieto e tumultuoso
non so trattenere e ordinare
la parola.
Reclamo con urgenza
frammenti di assenze e presenze.
Occhi distratti
fiammanti automobili
seno turgido
profilattici e carte di credito.
Occhi noncuranti
non possono vedere
presenze che reclamano
attenzione,
non possono percepire
riflessi riportati sul
muro di stinti palazzi,
cangianti tetti variopinti.
Le parole non bastano
fisse e rigide — nel suono
sempre uguale non agguantano
il distante
non raccolgono
il movimento e la stasi.
Per cogliere l'ambiguità
del reale bisogna dividere
l'essenziale dal transitorio,
raschiare con le mani la lastra
di vetro antiproiettile che separa
la farina dalla crusca.
Sullo schermo-beffa
ospizio catodico emerge
una cultura da fast-food,
il pressappochismo è diventato
una scienza esatta.
Mi sento un quadro incompiuto
una lepre inafferrabile
topo urbano chiuso in gabbia.
Siamo forestieri salariati
turisti assopiti — coglioni stagionali.
Non a tutti è permesso
apprendere la distinzione
atto di sintesi
itinerario cerebrale
non vedo
non parlo
non sento
schivo come un trappista
mi riconsegno alla solitudine
da cui provengo.
Ordine embrionale
Le mani penetrano nell'ordine embrionale
trovano infinite croci rampicanti
tracce di polvere da sparo
satrapi smargiassi.
Saldo il debito ancestrale
e sotto queste pergole destinate
alla puja sparecchio avanzi
di cene gelate.
Un fedele guardacaccia contempla
boschi partigiani – crepuscoli crivellati
da macchie d'insonnia.
Sbarco alla foce del torrente e trovo riparo
nell'assolata spianata percorsa da mandrie
di cavalli bradi.
Anomalo anacoreta
fra le corde di un trapezio preso a nolo,
dolente come una donna calva
traccio a mano libera obliqui
capelli di dolore.
Caffè letterario
Disteso sul letto sgangherato
ripensa alla moglie naufraga
d'un mare senza sponde —
rammenta quando nella luce limpida
della domenica mattina – annusava freschi
fazzoletti ricamati, fiori di lavanda
nei cassetti cigolanti.
Il cameriere del caffè letterario
estrae il veliero dalla bottiglia,
scolla francobolli da cartoline invase;
tenue venticello scompiglia radi capelli
fra pettini di tartaruga d'una casa
umida e scale odorose di fritto.
Il cameriere del caffè letterario
sbuccia giorni di bicchieri scintillanti
bottiglie tavolini sigarette turche.
Nel rumore di fondo di stoviglie
le paturnie di un pittore di petali
appassiti, lo sguardo catatonico di
un musicista che insegue arpeggi di
gelido vento — melodie sefardite;
uggiose damigiane di fanfaluche
di gazzettieri e narratori.
In fondo al locale seni occhi bocca
tracce di una bellezza sfiorita,
gambe accavallate con infinita grazia.
Chi si rammenterà tra quella folla
incandescente del tuo spento volto
cielo pesto, della tua nitida semplicità.
Mi domando se resterà privata memoria
di un confessore che non dispensava
né ostie né atti di dolore.
Tu porgevi svelto e cerimonioso
bevande sfreddate e riviste straniere
e nelle tazzine sbrecciate di porcellana
mescevi piccoli e preziosi chicchi liquefatti.
Era quello il tuo orgoglio
figlio laureato cum laude
capolavoro applaudito e celebrato
assolo graffio impronta sulla terra.
Nero sparuto corteo
sotto la pioggia novembrina
né la mano di un ubriaco
né un mazzo di fiori.
Cosmologia della ruggine 1984-2004
Dopopioggia
L'erba fresca splende di un verde acceso.
Il buio infittisce rapido
non lontano dal margine
del tuo volto — scrigno.
La chioma insulare
sfavilla sul corpo imperiale
imbevuto di sole.
Di soppiatto torni sulla galena
o nella privata radura per esplorare
una pace inesprimibile,
i colori del bosco nel tardo autunno.
Bianco cumulo di neve accecante.
La mattina dopo la sbornia
Ti riporto le gocce condensate
nel tubo degli alambicchi.
Acqua che si fa vapore
pioggia che si fa neve;
guizzo della fiamma nascente
e la sua naturale estinzione.
D'improvviso t'increspi
sul disegno delle labbra riarse.
Asola e bottone
giberna e carniere.
Ballata del congedo
Anche l'amore è una provvista di dolore,
escoriazione di pelle morta.
Forse è inutile e necessario soffrire
per capire cosa rimarrà di noi.
L'acqua corre per le fenditure
l'acqua non si mangia.
Controvento
La prima volta che ti ho incontrata
seminavo trappole da bracconiere
sulle linee ventose dell'istinto.
Il tuo profilo rivelò ricordi d'infanzia
lettere disegni divelti dalla sorgente al mare.
Discreta e silenziosa visiti i paesaggi astratti
del mio sillabario babilonese,
piccole tavolette d'agilla incise sera dopo sera.
Radiosa e feriale fra veglia e sonno
cogli il grumo essenziale della vita
e con affetto dipani il filo delle
mie sbornie di malinconia.
Onde inarcate nel silenzio domenicale
lieto tumulto di una comitiva di villeggianti,
e tu inanelli il ghiaccio caldo la neve bollente
della tua arguzia bruciante — cauterio.
Cosmologia della luce 1983-2003
L'amore
L'amore si è arenato
sulla rupe di un perduto prato;
balenante occasione nelle pagine
di una tempesta.
L'amore si è arenato
in cima a un crocevia di stagnola,
nel rappreso inchiostro nuziale.
L'amore si è arenato
nella sacra liturgia delle tue amnesie — anmesi
nelle gocce di acqua lustrale
nella bianca calcina sgretolata.
Aritmetica precisione
nel calcolo dei dadi,
aritmetica imprecisione
nel vano risultato delle addizioni — moltiplicazioni.
Avanti c'è posto
Filistei — perbenisti — conformisti —
del biancofiore — lo dico senza battere
ciglio: Aldo Moro l'ha fatto fuori la
Democrazia Cristiana.
Le erbacce si moltiplicano sul terreno
concimato dello Stato.
Il piagnisteo della sinistra italiana
è gramigna che si vende a buon mercato.
Non ne posso più di accomodanti perfettini
pulitini funzionari di provincia col gusto
del flatus vocis.
Non ne posso più
della sinistra italiana e i suoi tardivi
pentimenti — postumi mea culpa — tranquilli
approdi di vecchie conoscenze che non
riservano sorprese.
Maschere del potere irrigidite negli atti
convenzionali della cerimonia.
Cetomedizzazione: posto a vita sicuro,
retribuzioni livellate, lavoro impiegatizio,
il merito non conta, contano le buone
conoscenze.
Nodo scorsoio di celoduristi seduti nei banchi
di un parlamento oramai straniero.
C'è pure il professore assenteista pagato per insultare
e biasimare quelli che non vanno mai in
televisione.
Signori — questa è l'Italia
Avanti c'è posto.
L'enfiata prosopopea fascista invasata
di sacri furori littori ha sposato la
causa del partito supermercato.
Accesi relatori stigmatizzano uomini-zerbino auspicano,
inadeguate ugole gorgheggiano sulle sorti della borghesia più
ignorante d'Europa.
Poveri quei borghesi che non conoscono la rabbia e la bellezza
pura.
Una vuota e meschina vita di party svogliati incontri al circolo
sabato mattina e soprammobili decorati di oro zecchino best-sellers acquistati per un'accattivante battage pubblicitario.
I borghesi sono caritatevoli e pii dinanzi alle telecamere di
mamma Rai e il ventisette è un giorno come un altro.
Signori — questa è l'Italia
Avanti c'è posto.
Solenni mazziniani dal facile assenso per appoggiare governi
doppiogiochisti — in cambio di due sottosegretari e un rasoio
arrugginito.
Make up Intinesco dei cugini socialisti tenutari di bordelli e
villaggi turistici-congressi consacrati alle maniche di camicia
grondanti sudore.
I rossicci marxini di Bertinotti appoggiano il governo Prodi
con un occhio al Castrismo e uno al Chiapas,
folklore all'ennesima potenza.
Chierici rossi che diventano neri chierici rossi e neri che
diventano azzurri.
Signori — questa è l'Italia
Avanti c'è posto.
Periplo
Stanotte la neve cade sul mare
e Isabel non ha paura di dormire
con Cerbero.
Pensare il pensiero della scienza-esperienza
sotto la pioggia di marzo è una lampara
di buio accecante, un tatuaggio di
marinaio che baratta mercanzie
e schiavi oriundi.
Sotto le palpebre chiuse
sfilano le sere gli anni filari
allineati-delineati di atomi indivisibili
che s'intersecano e sfumano nel nome
di un'ombra.
I sentimenti sono fluidi perché
la ruota anteriore del suo amore
brilla nel mattino agostano, ma le
tavole della sapienza non annunciarono
il tuo sole di ghiaccio, le piantagioni
di pece bollente, la lingua impastata
di ferro e aceto.
In quale tempo i luoghi
torneranno cangianti come
le acque amniotiche del
tuo stato di grazia?
Tremula luce di umile stearina
si curva verso il suono del silenzio
assoluto, nel pigia nel pigia di
un oramai.
Ora + mai - ora - mai: uno strappo
di luce penetra nelle fessure
di una cattedrale.
Sulla cima della salita
nel fondo dei tuoi occhi
eri una bestia sacrificale,
il rimorso che gela il sangue.
E tu più rara di un cigno nero
eri Cristo Patiens, un muro
d'acqua piovana.
Nel tuo pavimento liquido
nel bagno di fissaggio sviluppi
l'abitudine di convertire il
miele in assenzio – volgi le
spalle a questo irredimibile
piccolo mondo di scimmie
ammaestrate.
Stanotte la neve cade sul mare
e Isabel non ha paura di dormire
da sola.